Prima saga sull’anima

1. L’INFINITO

mare e cieloNe’ più né meno. Questo è quello che la mia anima vede da sempre per tutto il tempo dal terrazzo di casa con le mani sempre strette alla ringhiera. Vabbe’ capisco, una vista che riempie, se non addirittura sovrasta, ma c’è ben altro nella vita, provo a insinuare. Ma lei nemmeno si volta, lo sguardo dritto all’orizzonte, come se non avessi nemmeno proferito parola. Non mi scoraggio e insisto, ogni tanto però potresti staccarti, venire con me a vedere qualcos’altro, che so, pure una città tanto per cambiare, vivo a Roma, mica a Biella o a Isernia (con tutto il rispetto). No, no, lasciami stare, lasciami stare, mi fa lei senza voltarsi nemmeno di quinta per degnarmi di uno sguardo. Ma dai, mi impunto, ti porto con me sul motorino, tanto non pesi niente, ti faccio vedere un po’ di monumenti antichi, le prospettive vertiginose dei ponti, le cattedrali barocche, le ville signorili… Ma per l’amor del cielo non ci penso nemmeno, voglio restare qui dove sono, cosa vuoi che siano tutte queste cose, replica lei ancora più stizzita fissando con più tigna l’orizzonte. Ho capito, ma qui che cos’hai, mi intigno a mia volta, solo mare, cielo, sole… Solo allora lei si gira appena di tre quarti e con uno sguardo traverso mi fa con insolente candore: perché, che altro c’è? Bastarda di un’anima, che mi lascia sempre senza argomenti!

2. OLIMPIA

2L’impunita. Eccome se si è staccata dalla ringhiera, eccome. Ma non lo ha fatto per venire con me a contemplare qualche altra bellezza, tanto meno per farsi una girata in paese. No, lo ha fatto solo per lei, per Olimpia. Già, proprio così, le ho dovuto fare una barca per schiodarla dalla terrazza. E ora eccome se ci viene, non mi dà pace finché non si mette a cavalcioni del rostro e non mi intima di andare a destra e a sinistra, in lungo e in largo, senza fermarsi mai, vorrebbe solo navigare, “andare per mare” come dice lei, tanto non le importa di bagnarsi, vuole solo contemplare l’infinito, infatti non guarda mai verso la costa, ma sempre verso il mare aperto, come se non le bastasse tutto quello che vede dalla terrazza.
Ma il tormento più grande me lo dà al primo mattino, quando alle sette sta già sull’uscio di casa col suo zainetto sulle spalle pronta a partire e mi fa: allora, ti dai una mossa? È tardi! E io ancora intontita dal sonno bofonchio: vabbe’, ma fammi fare almeno colazione! Che palle queste cose da mortali! risponde stizzita, Sbrigati!!! E si fionda giù dalle scale, svanendo in un soffio lungo via del Cotone. Allora trangugio uno yogurt, bevo al volo un succo di frutta e con un biscotto ancora in bocca mi precipito al motorino e faccio di volata il lungomare. La trovo già al porto che mi aspetta sulle spine e appena mi vede si lancia subito lungo il pontile con lo zainetto che le balla sulle spalle per poi tuffarsi radiosa in barca. E io le arranco dietro col mio passo incerto, chiedendomi tutto il tempo cosa diavolo possa contenere lo zainetto di un’anima.

3. SUNSET MANIA

1Le è preso così. Quest’anno c’è la novità dei tramonti. Non se li è mai filati, mai che mi avesse accompagnata a vederne uno, io che non me ne perdo nessuno. Sono cose effimere, caduche, buone solo per voi mortali governati dal divenire del mondo e dal senso di finitudine… mentre per noi anime belle non ha alcun senso la fine come l’inizio, nemmeno i un singolo giorno, così perse come siamo nella beatitudine dell’eterno…
Già è insopportabile nel quotidiano, poi quando filosofeggia ci sarebbe addirittura da tirarle il collo. Ma tant’è, vuoi la lunga estate calda, vuoi le serate limpidissime, vuoi che sta pure invecchiando, checché ne dica lei, sta il fatto che adesso tutte le sere mi dà il tormento che dobbiamo vedere il tramonto ogni volta da un posto diverso e rigorosamente a filo dell’orizzonte. Apriti cielo se si crea un po’ di foschia prima che la palla rossa si tuffi nell’acqua! Una tragedia, un giorno buttato, un’attesa frustrata da uno stupido capriccio crepuscolare! E allora tutto il giorno appresso a pensare da dove si potrebbe contemplare un tramonto folgorante che ripaghi quello appena perso, con buona pace di Parmenide e della sua idea di eternità!
Ma per fortuna questa estate i tramonti sul mare sono stati quasi tutti da mozzafiato, un vero incanto della natura, magico, ipnotico, a tratti persino surreale. Al punto che quando ci fermiamo ad ammirarlo, in mezzo al mare, da un belvedere, lungo il Cotone lei mi si avvicina a piccole mosse, si stringe fianco a fianco a me e sento che palpita, che freme, in maniera molto sommessa, per non farsi scorgere. Ma io la guardo in tralice e scorgo persino che si commuove. È tremenda, prepotente, talvolta persino tirannica come poche anime sono capaci di essere, ma quando fa così la mangerei.

4. PAUL VALĖRY

C’era mare. Per fortuna stamattina c’era mare. Quindi non dovevo scapicollarmi a scorrazzare la mia anima su Olimpia in ogni dove perché le onde non l’avrebbero permesso – visto che anche a lei dà noia la scossura, anche se non lo vuole ammettere. Dunque ero in una botte di ferro.
E invece no, mi butta giù dal letto anche stamattina. Ma non si presenta con lo zainetto, l’insolente, piuttosto con un libro dal quale tutta ispirata comincia a citare: “Nulla mi ha più formato, impregnato, istruito – o costruito – di quelle ore rubate allo studio, distratte in apparenza, ma votate nel profondo al culto inconscio di tre o quattro divinità incontestabili: il Mare, il Cielo, il Sole. Ritrovavo senza saperlo, non so quali stupori e quali esaltazioni primitive. Non vedo quale libro potrebbe valere, quale autore potrebbe creare in noi quegli stati di stupore fecondo, di contemplazione e di comunione che ho conosciuto nei miei primi anni.”
Ecco, fa una pausa tutta compiaciuta, sai chi l’ha scritto? Oppressa già da un’insonnia cronica biascico, no, non ne ho la più pallida idea. Paul Valéry, sentenzia, che non è proprio l’ultimo dei cani e come vedi mi dà ragione, altro che la tua Roma, la cultura, i libri e tutte queste menate che fanno perdere solo un sacco di tempo mentre il mondo sta tutto là fuori, conclude puntando il dito verso l’infinito oltre la finestra. Per cui ti lascio pure avvizzire sui tuoi libri, intossicarti nella città in un mare di cemento, sprecare il tempo con l’arte e la cultura, io me ne vado a contemplare le uniche divinità che contano. E mi fa un cenno col capo come a dire: tiè! Poi si volta e vola sul terrazzo. Passo qualche istante in silenzio, poi mi guardo intorno e mi chiedo: ma chi diavolo me l’ha data quest’anima?

5. IL “PUNCTUM“

5 - Il punctumMi è preso un colpo. Stamattina ho spalancato le persiane sull’infinito e lei non c’era. Seppure eterea è inconfondibile la sua presenza, ma di lei sul terrazzo nemmeno l’ombra. La cerco subito in casa, dove per altro non sosta mai, e per quanto guardi in ogni anfratto non ne scorgo traccia. Mi viene un tonfo al cuore. Non esce mai di casa, se non per andare in barca, e comunque mi aspetta sempre, inoltre il suo zainetto è nella sala. Ė difficile dire cosa si prova in questi casi, è come smarrire un figlio piccolo, è come perdere il compagno di una vita. Cominciano ad affollarsi nella mia mente vari film: mi ha abbandonato, non trovandosi più a suo agio insieme a me; ha avuto una crisi spirituale e si è alienata dall’infinito; è stata distratta da qualcos’altro che l’ha rapita e portata via…
Assalita dal panico di rimanere senz’anima anche nel suo luogo di elezione mi precipito fuori casa e la cerco come un’ossessa nel giardino oltre la passerella, ma nulla, di lei nemmeno un alito. Incespicando sugli scalini scendo a stento le due rampe con le gambe che mi tremano, ma neppure nella piazzetta sotto casa la trovo… poi mi volto di scatto e la scorgo tutta rannicchiata in un angolo del sottoscala con un quadro tra le mani. Mi avvicino incredula e riconosco la foto incorniciata che tengo sopra il comò della mia camera da letto. Ha un valore esistenziale per me, se non addirittura trascendente, ogni volta mi ci incanto davanti in preda alla stessa ipnosi che assale la mia anima di fronte all’infinito.
Che cavolo ci stai a fare qua sotto con la mia foto? Sbotto di colpo scaricandole addosso tutta la tensione accumulata fino a quel momento. Sto cercando il punctum, mi sussurra ispirata senza sollevare lo sguardo. Il che? Il punctum. Quello che per Roland Barthes è un dettaglio particolare dell’immagine che colpisce emotivamente chi guarda e che qui mi sembra tanto ineffabile da richiamare persino qualcosa fuori dalla foto. Non riesco a capire se può essere qualche punto all’orizzonte dove il bambino in piedi lancia il suo sguardo schermandosi il sole con la mano, oppure addirittura nell’obiettivo, e dunque nello spettatore, verso cui il bambino seduto punta gli occhi anch’essi adombrati dalla mano… o ancora se invece di un dettaglio non sia un contrasto, come quello tra la macchia nera proiettata dai rami contorti sul tronco della tamerice e la bianchezza granitica della torre che svetta da uno scoglio stagliandosi su un cielo ancora più diafano… Resto a fissarla per un po’ in silenzio con la sensazione che mi stia rivelando un mistero vertiginoso su cui non mi ero mai interrogata. Poi mi scuoto di colpo e le strappo la cornice dalle mani gridandole: ridammela subito! Ė in questa foto tutta la mia vita! Certo che è in quella foto tutta la tua vita, risponde lei alzando per la prima volta gli occhi su di me, solo perché, come vedi, è l’unica immagine al mondo in grado di distogliermi dall’infinito. Riesco a sostenere solo per qualche istante il suo sguardo vuoto e profondissimo, poi in un lampo comprendo che sì, mi fa morire, ma senza di lei non sarei nulla.

6. VISIONE VIOLATA

1Puntuale come la morte. È arrivata la mannaia. Mi trovavo tutta immersa nelle mie letture quando l’anima mi è piombata addosso sbraitando: Basta! Devi fare assolutamente qualcosa! Non si può andare avanti così! Per un attimo mi sono chiesta in cuor mio cosa potesse significare per un’anima il concetto di “andare avanti”, ma non ho voluto affrontare la questione per non sollevare polemiche. Mi sono solo limitata ad alzare stancamente lo sguardo verso l’orizzonte sapendo già qual era il tema della doglianza.
Trentacinque. Ti rendi conto? Ne ho contate ben trentacinque di barche alla fonda solo qui davanti, ma ti pare mai possibile? Ha continuato a urlarmi nell’orecchio. Ma è sempre stato così! Ho reagito a quel punto io, alla festa padronale del paese, quando ci sono i fuochi, a ferragosto, sono sempre venute tante barche che ancorano qui di fronte perché in porto non trovano posto oppure costa troppo l’ormeggio! Cavoli loro! Ha incalzato lei con maggiore veemenza, non vedo perché mai debbano ottundermi l’infinitezza della visione!
A quel punto ho riabbassato lo sguardo cercando di mantenere la calma, ma già avrei voluto spaccarle la faccia. E per giunta non puoi startene qui in panciolle senza intervenire, ti devi dare una mossa! Ha insistito lei inviperita. Ma cosa vuoi che faccia, ho sbottato esasperata, che vada alla capitaneria di porto e chieda che mandino via le barche perché la mia anima deve contemplare l’infinito? Beh, ha risposto lei sommessamente, pure loro avranno un’anima, no? Per fortuna mai come quella che è capitata a me, ho sussurrato rassegnata.
E poi queste barche sono pure tutte uguali e tutte moderne, o cabinati a vela oppure motoscafi, tutti plasticoni, non come quando ero giovane che qui davanti si fermavano i velieri, i brigantini, una volta persino l’Amerigo Vespucci! Ha esclamato estasiata, quella sì che era una visione, ci sono pure salita sopra! Certo, ti c’ho portata io perché conoscevo l’ammiraglio, l’ho subito incalzata, sennò col cavolo che la vedevi! E vabbé, grazie, chi ti dice nulla, ha soggiunto stizzita, peccato che adesso invece che sulla nave scuola della marina militare mi devo contentare di venire sul tuo guscio di noce!
Non c’ho più visto. Solo per il fatto che aveva inopinatamente confrontato la mia Olimpia con la Vespucci l’ho agguantata per i piedi e l’ho rivoltata a testa in giù sporgendola fuori dalla ringhiera a piombo sugli scogli. Era leggerissima, la stringevo a un’estremità solo con il pollice e l’indice. Se non la fai finita una volta per tutte ti lascio sfracellare sulle rocce! Ho urlato ormai fuori di me. Ma lei, senza scomporsi, con la sua vocina chioccia mi ha sfiatato da sotto: idiota, sono immortale.
Per qualche istante sono rimasta così come una scema con il braccio teso fuori dal terrazzo, poi in preda allo sconforto ho alzato uno sguardo supplichevole verso le barche, chiedendomi se tra tutti quegli armatori ci fosse mai qualcuno che da quella distanza potesse accorgersi di me e mosso a compassione potesse venire a strapparmi via da quell’anima infernale.

7. FACEBOOK!

7 - Facebook!Un macello. È successo un macello. Ieri notte, mentre dormivo, l’anima si è stufata di stare a fissare le luci in testa d’albero delle barche ancorate di fronte casa e ha pensato bene di smanettare un po’ col mio cellulare. E in pochi minuti non ha scoperto tutte le storielline su di lei che avevo messo su facebook? Appena mi sono svegliata mi ha fatto un cazziatone micidiale. Ma come ti sei permessa? Ti ha dato di volta il cervello? Sei un mostro! Diffamarmi così davanti a tutti! Macché diffamato, ho farfugliato io, ti ho reso celebre invece, sei diventata un personaggio letterario e le tue storielline piacciono un sacco… Ma quale personaggio letterario! Mi hai solo reso un essere isterico, vanesio, iracondo! Beh, non è che sei poi molto diversa… Ma fammi il piacere, sono tutte fandonie quelle che hai raccontato, non potevi tirare in mezzo qualcos’altro? Beh, in fondo sei la cosa migliore che ho… Ma falla finita, se proprio dovevi stare su questa diavoleria di facebook ci potevi mettere un sacco di altre cose al di fuori di me! E cosa? Non ho nulla degno di nota a parte te… Ma basta che guardi che fanno i tuoi amici! C’è chi ci mette tutto quello che fa durante il giorno, pure le volte che va in bagno o si scaccola il naso! E vabbé, ma questo non mi diverte… Ma c’è anche chi ci mette le foto dei pupi, delle pappe, delle palle, dei pannolini e dei pannoloni! Ma io non ho nulla di tutto questo… Però c’è anche chi si impegna su piano civile e proclama, denuncia, si indigna! D’accordo, ma ora siamo in vacanza… Che c’entra? C’è persino chi trova l’anniversario di qualche celebrità che nasce o che muore ogni giorno che passa e ci fa pure la biografia! Vabbé ma quelli sono casi estremi… E che dire allora dei vegani? Che mettono in giro una miriade di video su cuccioli di ogni specie che sbavano, ruzzolano, annaspano, ciucciano… compresi i pipistrelli appena nati! Certo, sono carucci, fanno tenerezza, ma non sono il mio genere… E allora fai come gli spiritualisti, i new age, che mettono foto di essenze, tramonti, spiriti vari con tanto di parole svenevoli, sdolcinate, evanescenti… Ma allora cosa meglio di te in materia? Peccato che tu mi abbia reso un mostro, altro che spirito serafico! Ti ho reso quello che sei e ti ho anche immortalato… Per questo non ce n’era bisogno e poi quando tutti pubblicano le foto dei fuochi d’artificio tu vai a mettere le foto oscene delle barche ancorate qui davanti? Certo, per tematizzare la storiellina… Ma che ti tematizzi, l’animaccia tua! Appunto… Senti, se non togli immediatamente da facebook tutte quelle storie infami su di me ti faccio davvero pentire! Ma non ci penso nemmeno, sto meditando piuttosto di farne una raccolta… Peggio per te, non immagini neppure quanto un’anima sia in grado di meditare persino la vendetta…
Ho sorriso. Mi è parso che si fosse sfogata abbastanza e che tutto sommato in breve tempo le sarebbe passato. È un tipaccio, le piace tanto fare le sfuriate, ma poi alla fine si rabbonisce sempre, basta solo prenderla ogni volta per il verso giusto. Però mi sentivo ancora stanca e mi sono ributtata sul letto giusto per riappisolarmi un po’. Ma dopo qualche istante ho spalancato gli occhi nel buio ricordandomi una parola… vendetta???

8. LA VENDETTA

8 - La vendettaPerché c’è un limite a tutto. Solo per questo lo faccio. Non avrei mai creduto che sarei arrivata a tanto. Ma non avevo altra scelta. D’altra parte non si può sentire sempre una sola campana. Occorre talvolta sentire anche quell’altra. Per cui stanotte quando lei dormiva ho approfittato di scrivere io una storiellina che ora inserisco nella serie a sua insaputa per dire fino in fondo come stanno davvero le cose. Perché dovete sapere qual è l’unica verità: in una sola parola Alessandra è pazza. Pazza dico e non fetente o scema, proprio pazza, fatta e finita. Si è inventata tutta questa storia dell’anima che ha deciso di rimanere qui per sempre senza seguirla più da nessuna altra parte, abbandonandola a se stessa. Nulla di più falso. Si dice quando un posto è particolarmente bello “ci ho lasciato l’anima”. E così ha fatto lei, le piaceva questo panorama e qui mi ha piantato, senza nemmeno chiedermi un parere. Io non ho avuto molta scelta se non quella di adeguarmi a ciò che mi stava davanti, rimanendo a fissare per l’eternità una stupida linea orizzontale che separa il celeste dal blu. Nemmeno Rothko bambino disegnava quadri così elementari, ma che potevo fare? Ho simulato pure che mi piacesse per non deluderla, facendo buon viso a cattivo gioco, ma vi assicuro che a volte mi affogherei per quanto mi esce dagli occhi tutto ‘sto mare e ‘sto cielo! A lungo andare è ridondante, è ossessivo, è stucchevole! Davvero non se ne può più! Farei carte false per andarmene da qui a mirare altre cose, figuriamoci le meraviglie della città eterna, ma lei col cavolo che mi ci porta mai, altro che quello che dice! L’ho pregata tante volte di portarmi via da qui ma lei mi ha condannato a restarvi per sempre a vegliare questa casaccia che detesto, come un guardiano del faro su un’isola deserta! Per non parlare poi della barca! Io non la sopporto proprio, mi viene il mal di mare solo a pensarci, ma lei mi costringe a salire a bordo solo perché le serve qualcuno che le spicci l’ormeggio e le tiri su l’ancora. A un mozzo di quart’ordine mi ha ridotto, altro che spirito eletto! E vogliamo parlare dei tramonti? Ne sono allergica, solo a guardarli mi fa venire l’orticaria, ma lei mi ci porta a forza solo per avere la sensazione di avere qualcuno accanto e vagheggiare un’atmosfera romantica… ma vi rendete conto? E poi non credete a quelle fandonie della citazione di Paul Valéry e del punctum di Roland Barthes, sono tutti suoi deliri! Non ho mai avuto il culto per il cielo, il mare, il sole e quella foto dei tre ragazzini di più di cent’anni fa non mi ha mai detto nulla! Invece le barche ancorate qui davanti mi sono sempre piaciute un sacco! Non vedo l’ora ogni volta che arrivino in massa, almeno una variante a quest’incubo dell’infinito! E hai voglia a sbracciarmi per farmi notare da qualche armatore come una prigioniera che aspira alla libertà, quella mi riacciuffa subito e mi sbatte dentro casa in punizione! Vi assicuro è davvero una vitaccia, con la differenza che io la devo fare a oltranza!
Ma almeno ora mi sono presa il mio riscatto e questa è la mia vendetta. Smentire ogni ignominia sul mio conto e riscattare la mia immagine. Proprio sul suo diario dove lei racconta una montagna di cazzate. Ma non mi frega, non mi lascerò portare a fondo impunemente, se vuole dannarmi la farò dannare insieme a me… muoia Sansone e tutti i filistei!

9. LA PUNIZIONE

9 - La punizioneBegli amici, begli. Ma vi rendete conto? Davvero non ho parole. Prendete una come me, no? Che è quello che è. E fa la vita che fa. Per giunta con un’anima come la mia. Poi si fa coraggio e si sfoga un po’ su facebook, confidando nella solidarietà degli amici. Racconta onestamente alcune cose intime, come il rapporto con la propria anima, che alcuni nemmeno avvertono. Lo fa anche con sentimento e non solo con spirito critico, vedi quando mi commuovo vedendo i tramonti insieme a lei, oppure quando ammiro il suo acume nel commentare la foto d’epoca. Riceve anche commenti positivi, apprezzamenti di vario genere, incoraggiamenti a continuare. Lo fa sempre con maggiore passione e sincerità, dicendo esattamente le cose come stanno e trovando in facebook una dimensione accogliente, confortevole, persino edificante. Non ottiene solo conforto ma anche plauso, quasi un balsamo alla fatica del vivere e dell’avere a che fare con un personaggetto come l’anima che mi è toccata in sorte.
E poi? Dopo ben sette novelle in cui non solo vi ho aperto il mio cuore ma vi ho anche intrattenuto, sollazzato, divertito per tutto questo tempo… arriva lei, si impadronisce del mio diario, scrive l’ottava novella, rovescia ogni cosa che dico e sbanca tutto? E voi appresso a darle credito con commenti entusiasti e una marea di “mi piace”? Per giunta pure da persone che non si erano mai espresse sulle mie storie? Che amici, ragazzi! Complimenti! Ma davvero credete a tutto quello che vi ha raccontato quell’infingarda? E vi piace pure così tanto? Che ci vuole a rinnegare tutto, sono capaci pure i bambini, tanto il canovaccio è già tutto scritto, basta capovolgerlo e la frittata è fatta! Ma ciò che è peggio è che dopo tutto il seguito che mi ero nel tempo costruita in un batter d’occhio andate appresso a quella pazza e prendete sul serio tutto quello che spara?
Già, perché qui se c’è una pazza tra noi due è proprio lei. Ma la sua non è una pazzia umana, dunque fragile, instabile, caduca… no, è una pazzia matematica, tanto spietata quanto astratta, che si applica con la potenzialità di un logaritmo, in un crescendo esponenziale che non conosce limiti, raggiungendo livelli di totale visionarietà alla quale voi avete abboccato tutti come pesci!
Sapete cosa? Non è tanto lei che mi sconvolge, quanto il successo che riscuote. Forse sono io che non ho capito niente, bisogna bluffare per sfondare. Invece aprirsi, confidarsi non ti ripaga di nulla. Ma io sono un osso duro, sapete? E in barba a voi a quell’ingrata l’ho messa in punizione. Cinque giorni senza infinito. L’ho cacciata dal terrazzo e ho sprangato vetri e persiane a costo di rimanere al buio pure io. Cosa sono cinque giorni rispetto all’eternità, mi direte. Nulla, dico io, ma è l’infinito che è tanto e anche un’ora senza può costar caro pure a un’anima.

10. IL SEGRETO

10 - Il segretoMi ha fatto troppa pena. Accucciata lì in un angolo sempre zitta e a testa bassa. Non parlava più, annichilita da una punizione troppo grande. Forse avevo esagerato, cinque giorni erano davvero tanti, così al terzo le ho permesso di ricongiungersi con l’infinito. È stato il mio regalo di compleanno, d’altra parte oggi è festa anche per lei, non la potevo continuare a mortificare. Come una scheggia è saltata fuori sul terrazzo e si è illuminata tutta diventando quasi trasparente. Poi si è voltata verso di me e mi ha buttato le braccia al collo baciandomi dappertutto. Grazie, grazie, grazie, continuava a dirmi, prometto che non lo farò mai più! Va bene, adesso basta però, le ho sussurrato, ora mi devo occupare dei festeggiamenti per stasera. Vuoi che ti dia una mano? Ha chiesto tutta eccitata. No, non ce n’è bisogno, è meglio che te ne stai buona, le ho risposto cercando di ammansirla. Lei se ne è tornata sul terrazzo e per un po’ si è messa tranquilla, ma si vedeva che friggeva tutta.
Dopo un po’ si è riavvicinata sorniona e ha cominciato a tirarmi per il lembo del vestito. Senti, senti, senti, ma siamo andate bene? Abbastanza, le ho risposto a mezza bocca cercando di staccarmela da dosso. Te l’avevo detto io che funzionava! Siamo state proprio forti! D’accordo, ma ora stai buona, eh? Non abbiamo ancora finito. Però la prossima volta invertiamo le parti, io faccio Alessandra e tu fai l’anima, ok? Insisteva continuando a strattonarmi. Ne parliamo dopo, va bene? Bisogna ancora finire l’ultima novella, le ho sussurrato a denti stretti. D’accordo ma ricordati che dobbiamo anche cambiare repertorio, non si può fare sempre la saga dell’infinito! Zittaaa! Le ho urlato a bassa voce, così se ne accorgono tutti! E poi, e poi, e poi dobbiamo ribaltare di nuovo tutto sotto sopra! Continuava a insistere tutta concitata. Ma vuoi chiudere quella boccaccia? Io sconfesso te e tu sconfessi me, così confondiamo tutti e nessuno sa più qual è la verità! Devi stare zittaaa! Così ci scoprono e capiscono tutto! Le ho urlato ormai con le mani tra i capelli. Dai, dai, dai, è troppo fico! Ma lo vuoi capire che non abbiamo ancora finito l’ultima storiella? Su, su, su, ho un sacco di idee nuove! Falla finita che così rovini tutto! Ma non si potrebbe fare che… Le ho dato un colpo in testa. E che cavolo, mi stava facendo saltare tutto quanto proprio all’ultimo!

COUNTDOWN PRIMA DELL’ADDIO

MENO CINQUE  

2 - Meno cinqueInvecchia pure lei. Un tempo era quasi contenta che alla fine me ne andavo e lei poteva finalmente tornare padrona della casa. Ora no, è già nervosa da un po’ di giorni, non sa mai dove mettersi per non ostacolare i miei preparativi, fa la disinvolta ma si vede che è inquieta, e in terrazzo non solleva più lo sguardo fiero all’orizzonte, lo abbassa sull’acqua e lo punta nel vuoto, arrovellandosi nei suoi pensieri, con il mento appoggiato sul pugno chiuso e il gomito puntato alla ringhiera, tal quale il pensatore di Rodin.

 

MENO QUATTRO

3 - Meno quattro

 

L’ho trovato così. Appeso al chiodo sopra il modellino di Olimpia. Naturalmente vuoto. Mi sfugge se sia più un segno di resa o di protesta. Quando lei va sul simbolico la situazione è grave. Qualsiasi mossa potrebbe essere fatale. Per cui taccio e cerco di far finta di niente. Ma quello zainetto che pende moscio sulla miniatura della barca è peggio di un urlo, di un insulto, di un’implorazione.

 

 

 

MENO TRE

Non ce l’ha fatta. Di punto in bianco ha rotto il silenzio. Mi si è avvicinata e mi ha tirato la maglietta. Senti, ti volevo dire, no? Ma magari, sai, cioè non è per dire, ma visto che adesso arriva pure l’anno giubilare… ecco magari pensavo, sarebbe carino se facessi un salto da te, senza impegno eh? Non è per disturbarti, ma forse giusto per qualche giorno… certo non è che lì c’è l’infinito, non sia mai, ma tra i sassi antichi magari si può avere anche qualche sensazione di eterno, in cui mi potrei sentire pure a mio agio… per cui, semmai, se non è un problema, farei una capatina, e magari, perché no, potremmo pure fare una nuova serie di storielle sull’anima a Roma, che ne dici? Mi pare proprio una figata, sì sì, sai quante ne potremmo raccontare, facciamo un casino, The soul in Rome, altro che infinito, è un’idea pazzesca, che ne pensi? Mi vengono i brividi solo a pensarci, dai dai, ti prego, dimmi di sì!

MENO DUE

5 - Meno dueCielo, cielo, cielo. Semplicemente cielo. Ora non fa altro che contemplare l’infinito azzurro sopra l’orizzonte. Da quando le è venuta in mente l’idea delle storielline capitoline si è tutta ringalluzzita, non guarda più in basso ma solo verso l’alto, con lo sguardo perso nella limpidezza celeste di uno splendido giorno spazzato dalla tramontana. Ogni tanto si volta indietro per vedere se ci sono ancora, quasi avesse paura che me ne possa andare senza salutarla. Io la lascio fare e continuo di soppiatto a disarmare la casa, come il comandante codardo di una nave che si prepara ad abbandonarla a tradimento, lasciando il nostromo in testa d’albero a perdersi nel cielo senza sospettare che a breve rimarrà solo con la sua immensità.

MENO UNO

6 - Meno unoOrmai l’avrete capito. Ho parlato finora di lei per non parlare di me. Ho detto solo come si sentiva lei per non dire come mi sentivo io. Io? Io sono disfatta. Come chi si accinge a perdere tutto. Ovvero quell’infinito di cielo e di mare che mi sta addosso tutto il tempo che sono qui. Eppure, nei rari momenti di lucidità che ancora mi attraversano, comprendo che anche questo dolore è un privilegio. Perché per patirlo occorre avere la fortuna immane di stare in un posto come questo.

 

 

L’ADDIO ALL’ANIMA

7 - L'addio all'nimaCi sono cose nella vita che sono inarrivabili. Una di queste è serrare definitivamente le persiane sull’infinito. È una condanna autoinflitta che ha qualcosa di sovrumano. Riesco a compierla solo perché so che di là rimane lei. La separazione dall’anima è atroce ma per me è l’unico modo per sopravvivere alla separazione dal luogo. È lei che restando mi permette di andare, altrimenti non ce la farei mai.
Ciao, corpo, ciao, arrivederci a Roma! Mi fa tutta trafelata, forte dell’idea di rivedermi presto. Io mi faccio forza, tengo duro, non voglio farmi vedere troppo afflitta e con un filo di voce che mi si strozza in gola le dico, addio, addio, anima mia. Poi faccio tutto in fretta, rinserro le ante, tiro i paletti, sprango i vetri e chiudo le buie con la fermezza di chi è condannato all’ineluttabile. E non mi sente quando appesa alla maniglia della finestra mi lascio andare a un pianto dirotto.