Racconti

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I popoli dell'attesaI popoli dell’attesa, in Centotrentotto mirabili istorie, Stango Editore, Roma 1997.

Di punto in bianco la Terra si ferma, una faccia rimane esposta a un’insolazione permanente, l’altra viene inghiottita da una profondissima tenebra. Solo lungo la linea dove il buio sfuma nella luce sopravvivono popoli con aspettative opposte a seconda se si sono fermati sulla soglia del crepuscolo o su quella dell’aurora. Enigmi, paure, desideri, attese lungo limiti in cui si giocano destini antitetici, nell’incanto fatale di un moto perduto.

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New York City, New York GridNew York City, New York Grid, «Le reti di Dedalus», giugno 2007.

Un ipotetico visitatore percorre l’isola di Manhattan da sud verso nord, attraverso i luoghi emblematici della Grande Mela, dove si evidenzia il contrasto tra il pieno e il vuoto, l’alto e il basso, il dentro e il fuori, tanto da tradurre la loro specificità topologica in una valenza universale in cui si riflettono interrogativi, dubbi, ossessioni dell’umana esistenza. Nel corso del suo itinerario labirintico l’uomo riflette sulla dimensione del vuoto, sul senso di solitudine e alienazione, sul gigantismo architettonico, sul valore della meditazione, sulla geometria ossessiva delle forme, sul vano tentativo di porre riparo all’irreparabile.

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L'altra IstanbulL’altra Istanbul, «Le reti di Dedalus», dicembre 2010.

Otto quadri per raccontare Istanbul come un contorto sistema di compensazioni, intrecci, assurdi, estremi, paradossi, in cui sono più i dettagli incongrui che non i tesori nascosti a rendere esclusiva la città. Come grani di una collana si inanellano sguardi incrociati e gatti divini, tornelli all’aperto e richiami strazianti, isole di inabilità e tram spericolati, clacson orchestrali e giardini impeccabili. Il tutto secondo una perfetta interazione tra ordine e caos, delirio e armonia, evidenza e mistero, in cui ogni cosa ha la sua ragion d’essere aldilà della propria apparenza e il senso d’insieme si afferra solo nelle sottigliezze più recondite.

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Fuga dall'Ucraina       Fuga dall’Ucraina, «Le reti di Dedalus», marzo 2015.

Due profughi ucraini, legati da un antico rapporto d’amore, si ritrovano su sponde opposte della Storia a seguito della guerra civile che ha lacerato il loro Paese. Lui è un ribelle filorusso che si rifugia a Mosca, lei una Femen anti-Putin che fugge a San Pietroburgo. Da quei luoghi instaurano un carteggio “civile” e appassionato sul loro modo di concepire il mondo e di avvertire le due città tra imponenti iconostasi e statue conturbanti, palazzi sotterranei e vertiginose prospettive, leggendarie cattedrali e collezioni esclusive, lasciando trasparire attraverso i propri palpiti tutte le contraddizioni della Russia odierna.

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La fine della storiaLa fine della storia, «Le reti di Dedalus», maggio 2011.

 La sorte dell’Italia, all’epoca del suo 150° anniversario, interpretata da un professore americano di crittologia protoclassica vivente cinque secoli e mezzo dopo. Nella sua ultima lectio magistralis, ricordando gli studi sui messaggi cifrati usati dalla criminalità organizzata di fine millennio, egli narra le inquietanti scoperte che lo portarono a ricostruire la sorte italica come nessuno mai l’avrebbe immaginata, senza tuttavia riuscire a svelare l’ultimo arcano.

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GravitazioneGravitazione, «Le reti di Dedalus», dicembre 2012.

Quattro artisti, protagonisti di un romanzo musicale, infestano i sogni dell’autrice perché questa li liberi dai loro viluppi ormai diventati sempre più ossessivi. Incapace di trovare una fine alla narrazione ella rivede non solo la sua fiction ma anche la sua vita, attraversando a grandi passi i momenti più salienti nell’intento di cogliere un senso autentico da traghettare fin dentro l’invenzione. Un metaracconto tra gli enigmi della creatività e i paradossi della vita.

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imagesBallata pop ai tempi della crisi, «Le reti di Dedalus», gennaio 2015.

Una ballata su “le magnifiche sorti e progressive” che prende le mosse dalla mafia più nobile de Il Padrino, giunge a quella più degenerata di Roma Capitale, si insinua nei risvolti contorti della crisi, tesse un caustico apologo del Bel Paese, attraversa la memoria della Shoah, fa richiamo alla fantasia per risollevarsi dallo squallore, ricorre all’ingegno per vedere nel tracollo una rinascita e sprofonda nella bellezza dei bagliori riflessi da un fiume.

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Il contrappassoIl contrappasso, «Le reti di Dedalus», aprile 2013.

 Un naufrago approda stremato su un’isola in cerca di salvezza. Un fuggiasco evade dal carcere isolano in cerca di libertà. Si incontrano nel cuore della tempesta a riparo di un casolare. Inizia allora una solidarietà minata dalla diffidenza in cui le loro opposte prospettive li spingeranno a giocarsi un doppio tiro incrociato, troppo perfetto per essere reparabile.

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Chant d'amour à deux voixChant d’amour à deux voix, «Le reti di Dedalus», luglio 2013.

Una passione d’amore raccontata a ritroso a voci alternate attraverso cui ognuno si riflette nella visione dell’altro. Una città d’arte, una costa rocciosa, un’isola seducente fanno da triangolo fatale a due anime che intrecciano i loro corpi in un viluppo di desideri, incognite, slanci, cadute. Un canto del cigno rovesciato in cui il dolore della perdita lascia il passo allo stupore della scoperta.

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Bambini IsisI bambini di Dio, «Malacoda», maggio 2016

Un montaggio parallelo di quattro storie di bambini – uno che diventa boia, una che si trasforma in kamikaze, una che scampa al gas sarin e uno che sopravvive alle stragi di Boko Haram – attraverso cui si declinano i molteplici orrori della Jihad. Un montaggio che alla fine diventa alternato e tutto declinato al presente nell’inseguire una convergenza possibile e un’altra impossibile.

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